IL LAVORO DI SQUADRA DIVIDE I COMPITI E MOLTIPLICA IL SUCCESSO

Come titolo avevo l’imbarazzo della scelta…“Tutti per uno, uno per tutti!”, “L’unione fa la forza” e chi più ne ha più ne metta. Se i proverbi e le citazioni sul lavoro di squadra abbondano ci sarà un motivo, no?

Federico in un precedente articolo  ha sottolineato l’importanza di adeguarsi alle regole di mercato. Sarò breve, per una volta, nel dirti le cose come stanno:

LO STUDIO MONOPROFESSIONALE E’ MORTO!

FINITO

KAPUT

OUT

Mettila come vuoi, ma non puoi pensare di avere successo con uno studio monoprofessionale. E avere un ortodontista e un implantologo che vengono una volta al mese non cambia la sostanza e non trasforma il tuo studio in una struttura moderna, mi spiace.

Molti sono convinti, magari a ragione, di essere professionisti bravissimi, in grado di trattare con eccellenza tutte le branche dell’odontoiatria.                                                                                   E sono sicuri che gli ingredienti del successo siano due:

  • avere buona manualità
  • avere un bellissimo rapporto coi propri pazienti dal punto di vista umano

Questi saranno gli ingredienti sufficienti ad alimentare il proprio business con l’unico mezzo di marketing etico per il dentista che ha fatto il giuramento di Ippocrate (a me non l’anno fatto fare, sono l’unico? ): il passaparola.

Se la tua strategia per avere uno studio di successo è questa, perdonami, ma sei fuori strada e temo che tu e il tuo studio siate sull’orlo del precipizio.

Foto 01

Ti elenco i tre punti di forza di uno studio monoprofessionale.

  • non devi rendere conto a nessuno di ciò che fai.
  • sei l’unico punto di riferimento dei tuoi pazienti che hanno in genere un rapporto umano più marcato che in una struttura in cui lavorano più dottori.
  • …cavolo! Ero sicuro che almeno tre punti forti dello studio monoprofessionale li avrei trovati…

E’ che molti sono convinti che la qualità delle prestazioni in uno studio monoprofessionale sia più alta che in uno studio associato. Niente di più sbagliato!

Ovviamente se sei un ottimo professionista in grado di fare belle devitalizzazioni, ottimi restauri in composito e te la cavi anche con la chirurgia il livello qualitativo del tuo studio non sarà di certo basso.

Ma queste tue caratteristiche dovrebbero essere sfruttate al meglio!                                             Se metà del tuo tempo che potrebbe essere investito a fare devitalizzazioni spettacolari o faccette in ceramica lo dedichi a vedere le urgenze, la protesi mobile, le estrazioni, in certi casi anche le sedute di igiene, avrai pure tutto sotto controllo, ma accumulerai stress e confezionerai capolavori odontoiatrici molto raramente.                                                                                        E questo ti frustrerà. Inoltre in uno studio piccolo che lavora sul passaparola di casi della vita te ne capiteranno 10 in una carriera. E quando arriveranno magari non avrai tempo da dedicargli perché mentre starai documentando le tue faccette sulla modella di turno sarai interrotto dall’assistente che ti dirà che si è staccato un provvisorio, che c’è un signore che ha un’urgenza, ecc…                                                                                                                                                E non avrai le possibilità economiche di procurarti tutte le più moderne e costose tecnologie che supportino il tuo talento e ti diano entusiasmo.

Ti faccio una confessione.

Io e Federico siamo stati soci fin da subito. All’inizio pensavamo di dover imparare entrambi a   fare tutto.                                                                                                                                       Nei nostri primi casi implantari perdevamo tempo a tenere il conto di quanti impianti avesse messo l’altro per mantenere il rapporto di 50:50 in modo che l’altro non diventasse “più bravo”! E quando uno operava l’altro assisteva. Un po’ per sostenersi a vicenda…un po’ per sincerarsi che l’altro non mettesse un impianto in più o che si trovasse ad affrontare una situazione che tu non avevi ancora visto e che l’avrebbe reso “più esperto”.

Ridicolo.

Non ci abbiamo messo molto a capire che mentre uno metteva un impianto l’altro poteva investire il suo tempo a fare qualcos’altro e che non esistono branche dell’odontoiatria più importanti di altre ma solo di più o meno remunerative.                                                                  E se in uno studio associato i fatturati finiscono in un unico calderone, vedrete che di colpo gli appassionati di protesi e chirurgia diminuiranno parecchio….                                                  Se però ti stai chiedendo cosa abbia impedito che mentre Federico inseriva un impianto semplicemente io ne mettessi un altro sulla seconda poltrona ti rispondo, ma non aspettarti chissà che strategia! Semplicemente in uno studio appena aperto non hai due motori implantari e 5 assistenti, per cui l’altro doveva fare, che so, una devitalizzazione.

E così ben presto mi sono accorto che quando entravo nella sala in cui Federico era stato due ore su un canalino lo trovavo più o meno in questo stato.

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Mentre io se il paziente sanguinava un po’ di più o avvertiva un piccolo capogiro mi agitavo e avvertivo un certo qual sommovimento intestinale che mi faceva rimpiangere l’atmosfera rilassata della mia bella diga e il mio occhialino ingrandente.

Perché bisogna fare ciò che non piace quando si può scegliere?

Federico ha fatto più fatica di me ad abbandonare le varie branche.                                             La sua carriera è stata costellata di “ MAI smetterò di fare le otturazioni!”, “MAI smetterò di fare le devitalizzazioni!”, “MAI smetterò di frequentare il reparto di patologia orale dell’ospedale di Torino!”.

Non ti elenco tutti i MAI che ha proferito per non riempire una pagina, ma ti dico che oggi in pratica sguazza nel sangue per due terzi del tempo e per il terzo restante si occupa della finalizzazione protesica dei casi complessi. Non vede un canale da 6 anni almeno.

E te ne dico un’altra.                                                                                                               Quando ti arrivano in visita pazienti ansiosi, ingestibili, bambini che piangono, disabili… sii onesto…davvero non vedi l’ora di affrontare quelle sfide?                                                        O preferiresti sbolognarli a un altro studio se questo non condizionasse il successo del tuo e minasse il prezioso passaparola?

Ma se il bambino lo vedesse Nicola e fosse in grado di affrontare QUALUNQUE CASO, montando la diga a bimbi di due o tre anni e riuscendo a portare a termine la terapia con successo anche nel bimbo capriccioso da affrontare con protossido che mentre lavori vomita i maccheroni mangiati a pranzo mentre tu stai facendo quel che ti piace non sarebbe bello?

E se quel paziente che sviene solo a sedersi sulla poltrona o vomita appena apre la bocca anche se non lo tocchi (giuro che ci è successo) lo vedesse Lodovico lavorando in sedazione cosciente, facendo tutte le cure in uno o due appuntamenti lunghi? Sai che rottura dovertelo sciroppare controvoglia tu?

“Ah, beh, a sbolognare a collaboratori malcapitati sono bravi tutti!” penserai tu.                            Ti svelo però un segreto. Nicola e Lodovico, che sono cresciuti specializzandosi in pazienti problematici o bambini capricciosi ed ingestibili inorridirebbero a dover stare due ore a rimuover uno strumentino canalare rotto o a fare un innesto a blocco perché creerebbe in loro ansia! La loro sfera di confidenza comprende quelle prestazioni, che per loro sono routine e che li riempiono di soddisfazione perché le sanno gestire al meglio con pazienti che alla fine sono estremamente riconoscenti.

Pensa che Nicola è talmente specializzato che riesce a capire cosa ha mangiato esattamente il bimbo dall’analisi del vomito!

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Il fatto che Nicola e Lodovico mi risolvano le grane divertendosi dà gran lustro non solo a loro come professionisti (ormai a livello locale la gente sa che Nicola tratta i bimbi che nessun’altro è riuscito a trattare), ma ovviamente anche alla struttura.

Anche a me che nel frattempo reperivo con entusiasmo e soddisfazione un quinto canale su un primo molare superiore, mentre se un bimbo mi avesse vomitato di fronte avrei vomitato anche io facendo disdire i successivi pazienti e andando a casa dandomi per malato!

In una struttura polispecialistica il paziente può essere trattato al meglio in ogni branca. Non importa se vedrà tante facce diverse! Noi dobbiamo garantirgli le cure migliori. A farsi operare il cuore non si va dal medico di famiglia! E nemmeno dallo stesso chirurgo che si occupa del fegato! Eppure a livello ospedaliero nessuno si lagna se cambia il chirurgo!                      Dobbiamo concepire l’odontoiatria come una branca della medicina complessa nella quale operano diversi specialisti. Punto.                                                                                                    Il segreto per non avere una clinica di basso livello con operatori dalla manina tremante alle prime armi sta nella selezione dei collaboratori e nel seguire la loro crescita.                          Certo, non puoi avere tutto al primo giorno di apertura del tuo studio. Ma è importante sapere quali sono gli step da seguire e soprattutto come ottenere i migliori risultati sbagliando il meno possibile. E questo siamo certi di potertelo insegnare nel prosieguo del blog.

Mettila come vuoi ma oggi lavorare in uno studio da soli con una sola assistente è odontoiatria vecchia e per nulla entusiasmante.                                                                                                 In uno studio del genere non riesci ad offrire servizi che oggi la gente sta imparando ad avere nelle cliniche, come le aperture il sabato e la domenica, nei festivi e per tutto agosto…

E non riuscirai nemmeno a garantire un elevato livello in tutte le branche, per quanto tu ti ritenga un talento dell’odontoiatria. Le evoluzioni in tutte le branche sono troppe per rimanere aggiornato su tutto!

Una volta nello studio dentistico medio esisteva la carie, che si piombava, il carione, che richiedeva una devitalizzazione con un po’ di pasta jodoformica o qualche mummificante e si riabilitava con un dentatus e una mega-amalgama o con una corona oro-resina e poi esisteva, più spesso, l’estrazione facile a cui seguivano circolari fissi distruggendo i rimanenti denti sani o scheletrati e protesi parziali provvisorie. Ah, già, c’era anche la dentiera. Gli ottavi si mandavano in ospedale.

Prestazioni a bassa complessità. Tanto che l’abusivismo è proliferato, perché il più grande ostacolo per un odontotecnico per farsi da solo i ponti o i circolari e le dentiere erano poche: imparare a farsi l’anestesia e a monconizzare i denti in bocca anziché sul gesso, e a scippare due mole e fare una dentiera o una protesi provvisoria.                                                                 In questo quadro di odontoiatria si riuscivano a inserire i medici generici senza alcuna specializzazione ed emergevano facilmente come luminari di livello mondiale i pochi antesignani che mettevano qualche impianto, che facevano qualche allungamento di corona clinica, che al posto di un circolarone facevano una riabilitazione su denti singoli o che riuscivano a mettere della guttaperca con tecnica di Shilder fino all’apice.                                                     Documentavi due casi con metallo ceramiche un po’ più evolute e qualche composito mentre gli altri impazzivano con le amalgame e il gioco era fatto. Eri nel gotha mondiale dell’odontoiatria.

Beh, forse non ti sei accorto che qualcosa è cambiato.

Oggi proliferano associazioni ultraspecialistiche che si occupano solamente di una piccola parte dell’odontoiatria. SIE, AIC, AIOP, SIDO, SIDP, AIOM, AIE, SICOI…Sembra uno scioglilingua!  Sono disponibili sistemi magnificatori come occhialini, caschetti e microscopio.           L’endodonzia ha un sacco di tecnologia che l’ha trasformata in una branca che non può più essere un optional per pochi.                                                                                                             I casi si documentano.                                                                                                                      L’osso per mettere gli impianti se non c’è lo si ricostruisce.                                                              Il paziente ansioso lo si tratta al meglio con la sedazione cosciente.                                             La diga è diventata, se non lo era già un tempo, un obbligo.

Insomma, l’odontoiatria si è evoluta e lo standard di terapia minimo accettabile non è più quello di togliere il male e di far riuscire a masticare in qualche modo i pazienti.                                      Oggi per essere un dentista realizzato devi anche ottenere risultati di un certo tipo.                       E devi offrire ai pazienti tutte le nuove tecnologie e opportunità.                                                 Non puoi più nasconderti dietro a frasi, come “eh, lei non ha osso per gli impianti, meglio uno scheletrato o un ponte” o “l’apparecchio invisibile glielo sconsiglio perché non riesce a fare i movimenti di quello tradizionale”                                                                                                  Non puoi eticamente prendere in giro il paziente convincendolo che la terapia migliore sia quella che tu sei in grado di fare nel tuo studio monoprofessionale in attesa di trovare il tempo di frequentare il corso di quell’importante relatore, per vedere se impari a mettere qualche impianto semplice.

Ecco perché oggi la struttura di riferimento è

lo studio associato organizzato in s.r.l. odontoiatrica.

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A Presto!

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